mercoledì 22 agosto 2018

Francia 2018

L'ultima notte la trascorriamo in un'area di servizio dell'autostrada, a due passi da Ginevra (ah Ginevra...).
Già. L'ultima notte. 
Ammetto che è intempestivo inaugurare oggi il racconto delle vacanze. 
Ma questa volta è andata così. 
Ho preferito non ritagliare giorno per giorno lo spazio da dedicare al blog. 
Avevo bisogno di giorni lenti, pigri. O neanche troppo. Ma non volevo ingabbiare queste giornate in una serie di incombenze.
Così ho scattato foto quando ho voluto (senza la necessità di dover documentare chissà che), ho osservato, annusato, assaggiato, origliato, spiato, toccato, parlato...
E ora provo a tirare le somme.
Le mie scarpe da ginnastica sono sudice e impolverate; quella sinistra si è anche bucata.
Anche la bicicletta porta i segni di una battaglia: torna a casa senza parafango e passacatena.
Buon segno.
Abbiamo camminato e pedalato.
Da Porquerolles a Orleans abbiamo macinato chilometri, quasi sempre lungo uno specchio d'acqua.
Là il mare mediterraneo, qua la Loira. 
Sentieri polverosi e strade sterrate.
Lo so dai tempi del Cammino di Santiago che il modo più bello di viaggiare - quello che io amo di più, non intendo certo imporre alcun dogma - è quello in cui ci si cala lentamente nei luoghi. Occorre sporcarsi le mani e soprattutto i piedi ma è un ottimo modo per conoscere e assaporare.

Ho amato il mare delle Hyeres e le calette nascoste tra le magnifiche calanques di Cassis.
Ho rivisto volentieri Bordeaux e i vigneti dell'Atlantico.
Ho trovato meraviglioso il castello di Chenonceaux e quello di Amboise.
Ma se devo scegliere il giorno più bello tra quelli trascorsi in Francia, senza alcun dubbio dico La Daguenière.
Ci siamo arrivati nel tardo pomeriggio di venerdì 17 provenendo da Bordeaux.
Abbiamo parcheggiato il camper in riva alla Loira nei pressi di un parco attrezzato con un'area pic-nic (panche e tavoli, caminetto per il BBQ) tra salici e querce.
Ci siamo poi accorti che nel parco si teneva una festa di giovani con musica dal vivo e birra alla spina (mi sono rivisto vent'anni fa...).
Tutti gli altri camper parcheggiati lì probabilmente erano dello staff.
Avremmo dormito? 
Passeggiata in paese, partita a calcio con i ragazzi (che ormai mi surclassano, Eleonora compresa in porta...), cena.
In sottofondo musica lounge.
Se resta così dovremmo riuscire a dormire. Ma fino a che ora andranno avanti?
Dopocena partita a Trivial. 
Poi dalla festa hanno iniziato a suonare Fatboy Slim. Suonava bene, così ho voluto andare a vedere il dj. Eleonora e Snoopy sono venuti con me.
Era davvero bravo: suonava e scratchava danzando tra la consolle e il pc. Ogni tanto fumava una sigaretta o beveva un sorso di birra, sempre al ritmo della sua musica che anticipava gesticolando.
Me ne sono rimasto lì fumando la pipa tra qualche decina di giovani del posto che ballavano, bevevano, fumavano... e ogni tanto evidenziavano i virtuosismi del dj con grida di plauso.
Il giorno dopo abbiamo raggiunto Angers in bicicletta lungo un percorso (la Loire en velo) tra la campagna e lungo l'argine del fiume.
Una passeggiata stupenda (a proposito, quanto è bella la parola francese per passeggiata? ballade...) che ci ha regalato un paio di sorprese.
Mentre costeggiavamo campi di cipolle e girasole improvvisamente, incredibilmente, alla nostra destra un'enorme piantagione di marijuana. 
Non potevo crederci. 
Così: tra le cipolle e le pannocchie. Come se nulla fosse. Piante e piante di marijuana ad altezza uomo.
Sarà legale in Francia - ho pensato.
Ovviamente non ho potuto fare a meno di strappare una foglia, reperto e ricordo di questa inaspettata scoperta.
Un'altra sorpresa ci attendeva poco dopo. La ciclabile terminava sulla sponda del fiume e proseguiva sull'altra riva a qualche centinaio di metri. 
Nessun ponte.
Ormeggiata sulla sponda opposta una zattera. Dei cartelli segnalavano la possibilità di attraversare il fiume servendosi della chiatta oppure, quando non disponibile, utilizzando un ponte più a sud.
A presidio della zattera però non c'era anima viva. Sulla sponda opposta un bellissimo vecchio camper in legno, una specie di capanna di Tom Sawyer con le ruote i cui occupanti ci osservavano inerti e distratti.
A quel punto abbiamo capito.
La zattera era ancorata a una catena che arrivava alla nostra sponda.
L'abbiamo tirata a noi fino a farla ormeggiare, ci abbiamo caricato le bici fra l'entusiasmo dei ragazzi e abbiamo preso posto pure noi. Tirando una catena omologa, ancorata alla riva opposta, la zattera ha attraversato il fiume e abbiamo raggiunto la sponda da cui proseguire.
Un ponte non avrebbe fatto lo stesso effetto, è ovvio.
Salutati i camperisti della capanna di Tom Sawyer, abbiamo proseguito fino ad Angers.

Se chiudo gli occhi, al termine di questa vacanza, rivedo Giacomo con la maschera da snorkeling che nuotando affianco a me, emozionato, mi indica banchi di pesci nei fondali della Costa Azzurra, Eleonora che danza sorridente davanti al dj nella notte di San Lorenzo... una bellissima donna francese ultraottuagenaria che incontrandoci all'uscita dalla messa ci racconta di essere ritornata da qualche giorno dalla Sardegna e da lì inizia a raccontare della sua vita tra l'Italia e la Francia... quattro ragazzi spagnoli, in vacanza in Costa Azzurra con un furgone sgangherato, che ci hanno salvato offrendoci un passaggio fino al campeggio di Cassis dopo che ci siamo perduti ritornando dall'escursione alle calanques...

Facile farsi prendere dalla nostalgia ma non lo farò. Del resto alla fine di un viaggio c'è sempre un viaggio da ricominciare, no?










domenica 13 agosto 2017

Casa

Dopo tre settimane di vita in camper il ritorno alla vita di tutti i giorni riserva delle piacevoli riscoperte: quella dello spazio - a tavola, a letto, sul divano hai tutto lo spazio che vuoi, come pure in cucina, nel frigo.. - quella del bagno privato, non condiviso, delle docce con acqua calda illimitata, il wifi veloce e affidabile di casa. 
L’altra faccia della medaglia è il ritorno alla vita di tutti i giorni con lo stress che da oggi riprende ad accumularsi, giorno dopo giorno.
Prima ancora c’è da svuotare il camper, pulirlo, risistemare tutto. 
Roba da pentirsi di essere partiti? Niente affatto! Le vacanze in famiglia sono una esperienza meravigliosa, una grande occasione di team building, di scoperta condivisa di luoghi e culture diverse; il viaggio ti costringe a metterti in discussione, a confrontarti con situazioni nuove, meno “protette” di quelle domestiche: condividere questa esperienza unisce e fa crescere.

Se dovessi ritornare in Sicilia in camper domani, anzitutto non porterei le biciclette. La Sicilia non è un posto per ciclisti, almeno per ora. Non esistono praticamente piste ciclabili e le strade, spesso totalmente prive di illuminazione, sono pericolosissime: una giungla nella quale i padroni sono gli automobilisti e se decidi di frequentarle da pedone o ciclista lo fai a tuo rischio.
Poi ..ci andrei in giugno o, forse ancora meglio in settembre. Già lo sapevo che in agosto avremmo trovato le località sovraffollate e devo dire che tutto sommato non abbiamo mai trovato situazioni invivibili ma la possibilità di godere della solitudine in certi paesaggi (penso ad esempio alla Scala dei Turchi) credo sia impagabile.
Eviterei i campeggi: mi sono trovato molto meglio nelle aree di sosta che sono frequenti (tranne che nella Sicilia occidentale) e spesso curate, ben tenute. Sarebbe bello fare campeggio libero: ho avuto l’impressione che sia tollerato quasi ovunque; questa volta avevamo l’esigenza dell’allaccio all’elettricità per poter usare il climatizzatore ma a settembre…
Tornerei a Palermo dove sosterei più a lungo per addentrarmi meglio nella città e nei suoi quartieri e mi piacerebbe incontrare la gente che li vive.
Andrei a Milo a cercare Franco Battiato a cui vorrei chiedere se si ricorda di quella sera di settembre di molti anni a fa a Giavera del Montello e di raccontarmi la Sicilia. E all’oasi di Vendicari, che quest’estate non abbiamo visitato come pure, senz’altro, a San Vito lo Capo e alla Riserva dello Zingaro.
Vorrei vedere una tragedia greca a Siracusa o a Taormina o a Segesta (nell’ordine).

E mangiare un cannolo al giorno, uno da Caupona a Trapani dopo una cena di pesce.



giovedì 10 agosto 2017

Strade ed eroi

Anche queste vacanze volgono al termine. Siamo a Cefalù, ultima tappa del tour prima del rientro. Abbiamo alle spalle giorni molto intensi. Gli ultimi sono stati anche faticosi per il caldo e perché li abbiamo dedicati interamente alla visita delle città e dei monumenti.
Siamo arrivati a Trapani venerdì. Il progetto era di visitare la città e i dintorni (Erice, Segesta) e raggiungere San Vito Lo Capo e Scopello lunedì per evitare l'affollamento del fine settimana.
Alla fine abbiamo invece deciso di rinunciare per quest'anno alla Riserva dello Zingaro:  sull'isola è arrivata una quantità enorme di turisti.
Sabato abbiamo fatto una crociera alle isole Egadi: abbiamo visitato Favignana e Levanzo, fatto il bagno nelle acque turchesi dell'arcipelago, pranzato in barca. È stato bello anche se il battello era strapieno, c'era molta confusione, Eleonora ha avuto un attacco di mal di testa. Dopo l'incontro ravvicinato con la medusa a Marina di Ragusa, Ele è più insicura in acqua, meno entusiasta di avventurarsi al largo per lo snorkeling. Giacomo invece non ha perso l'entusiasmo per le immersioni: a Levanzo, in particolare, era estasiato dalla bellezza dei fondali e dei pesci.
Trapani, specialmente in periferia, è sporca e un po' fatiscente. Si potrebbe con poco migliorare le cose: lunedì ho corso lungo la ciclabile che da Nubia porta in città tra sterpaglie, immondizia e carcasse di animali...
Il centro storico è grazioso anche se, non me ne vogliano i Trapanesi, non può competere con quello delle altre città siciliane che abbiamo visitato.
Di Trapani ho molto amato le saline con i caratteristici mulini a vento risalenti al quattrocento che disegnano paesaggi molto suggestivi. Abbiamo visitato il Museo del Sale con  una guida simpaticissima (il nipote del saliniere)  che ha saputo raccontare la vita in salina in modo scherzoso e al tempo stesso molto interessante.
Snoopy, poverino, in salina ha avuto una specie di collasso: il caldo lo sta mettendo a dura prova in questi giorni. Si è accasciato a terra con le zampine anteriori come paralizzate, rigido, con lo sguardo fisso nel vuoto. Ho temuto che morisse, invece per fortuna con qualche carezza e un po' di acqua si è ripreso.
Domenica, di ritorno dalla gita ad Erice, ci siamo imbattuti per caso nei festeggiamenti di Santo Alberto, patrono di Trapani, portato in processione in un clima di esaltazione popolare: la chiesa della SS. Annunziata era stracolma di fedeli chiassosi, c'era la banda e, nel momento della collocazione della statua argentea sul trasportino, urla e applausi.
Da Trapani abbiamo quindi raggiunto Palermo dopo aver fatto tappa a Segesta.
Palermo. Ci siamo arrivati dalla A29, da Capaci. Cercavo il guard rail rosso nel tratto in cui è stato barbaramente assasinato Falcone. Non c'è più. Ora c'è una stele commemorativa. Ho fermato il camper e siamo rimasti in silenzio, anche i bambini, attoniti a osservare quel punto, col cuore in gola. Avrei voluto lasciare qualcosa di mio ma non avevo nulla se non un "grazie" enorme, soffocato dall'emozione. Probabilmente è giusto così: l'eroismo di questi uomini e di queste donne è incommensurabile. Te ne vai con gli occhi umidi e una vertigine di ingiustizia.
Palermo è araba e normanna, greca e latina, medievale e barocca. Palermo è una città scioccante, dal sapore intenso, violento; è un pugno in pancia e un luogo di estasi, tra i più raffinati e degradati che abbia visto. Si arriva al Palazzo Reale camminando su marciapiedi lerci di feci, costeggiando palazzi fatiscenti eppure magnifici che raccontano di un passato aristocratico. 
Lo sfarzo dei palazzi nobiliari di corso Vittorio Emanuele e di via Maqueda, delle chiese barocche o arabo-normanne, l'oro della Cappella Palatina stride con la povertà delle persone che vivono nei vicoli adiacenti e che popolano i quartieri del centro storico dai nomi affascinanti (Kalsa, Vucciria, Albergheria, Ballarò).
Spesso sulle pareti di un palazzo capita di trovare una lapide commemorativa di uno degli efferati delitti di mafia che hanno insaguinato dal secondo dopoguerra le strade di questa città. A Monreale, a pochi metri dalla cattedrale, c'è la lapide che ricorda l'assasinio del Capitano dei Carabinieri Emanuele Basile, collaboratore di Borsellino, freddato il 3 maggio 1980, a soli trentuno anni, mentre con la figlia di quattro attendeva di assistere in piazza allo spettacolo pirotecnico. Dalla lastra di marmo penzola un mazzo di fiori rinsecchiti: mi ha sconfortato, l'ho trovato ingiusto e oltraggioso.

Abbiamo lasciato Palermo da via D'Amelio. Dopo un ultimo grazie.





venerdì 4 agosto 2017

Lost in Sicily

Ormai sono disorientato nello spazio e nel tempo. Non so più che giorno della settimana sia e per avere presente dove ci troviamo, in tutto questo spostarsi da una località all’altra, devo concentrarmi e far mente locale. È una buona notizia, segno che le vacanze funzionano disancorandomi dai consueti riferimenti. Perdersi di tanto in tanto fa bene.
Il caldo in questi giorni è torrido, si sfiorano i 50 gradi, il cielo da blu si è fatto bianco perla, grigio arancione. 
Siamo a Mazara del Vallo ospiti di una lussuosa area di sosta, pulitissima, con piscina, area barbecue, gli ulivi tra le piazzole. Si può dire che siamo i soli ospiti della struttura (abbiamo condiviso l’area al massimo con un altro camper), ciò che rende ancora più confortevole il soggiorno qui.
La proprietaria è gentilissima anche se, devo dire, un po’ troppo loquace per i miei gusti: ci ha segnalato ristoranti, spiagge, suggerito quartieri e siti da visitare, elencato optional con i quali rendere ancora più smart il nostro soggiorno. Ci vorrebbe un torinese a gestire questo posto e sarebbe perfetto.
Mazara del Vallo e i dintorni della cittadina non sono entusiasmanti: ho ritrovato qui i paesaggi un po’ fatiscenti e trascurati che ricordavo dalla mia infanzia. C’è molta immondizia per terra, cani randagi, l’impianto urbanistico delle città è disordinato e anarchico, ho rivisto i palazzi perennemente in costruzione (con i tondini scoperti per eventuali sopraelevazioni) che ricordavo nella locride.
Ma non mancano ovviamente le eccellenze. Tra queste il gambero rosso: non potevo non assaggiarlo! Li ho ordinati al ristorante-pizzeria nel quale ci ha indirizzati la nostra e devo riconoscere che sono deliziosi, dolci e carnosi… La mia pietanza ne contemplava quattro (per 14 euro), per fortuna Eleonora ha avanzato metà della sua pizza.
In questi giorni abbiamo visitato la valle dei templi ad Agrigento e l’area archeologica di Selinunte. Due modi opposti di gestire un tesoro artistico. Ad Agrigento il sito è perfettamente organizzato: sono state create delle infrastrutture di accoglienza per i turisti, l’area è pulita e ben segnalata. Selinunte è stata una delusione. Sembra di tornare negli anni ’80: le strutture ricettive risalgono probabilmente a quel periodo. Il sito sembra lasciato a se stesso, pieno di immondizia - davvero è sconcertante e scandaloso che in un’area del genere ci siano cumuli di spazzatura. Manca una gestione  moderna dell’area: le guide sono presenti solo la mattina, pochi pannelli illustrano i monumenti del sito, non c’è audioguida.
Il caldo ci ha messo a dura prova: devo riconoscere che i ragazzi lo hanno sopportato con pazienza. Snoopy invece ne ha fatto una tragedia: guaiva finché non riusciva a infilarsi in qualche porzione ombreggiata. Ieri a Selinunte, mentre con Giacomo cercavo di raggiungere l’agorà - Veronica ed Eleonora avevano desistito - Snoopy, che da buon cane pastore non ha potuto fare a meno di seguirmi, a un certo punto mi è saltato addosso abbaiandomi come volesse dire “ma sei pazzo? torniamo indietro!”.
Un'ultima annotazione. Ho acquistato una guida non convenzionale della Sicilia, edita da un piccolo editore di Marsala. Si chiama proprio così: “Sicilia. Una guida non convenzionale”. Racconta l’isola attraverso le storie dei protagonisti (conosciuti e meno noti) della lotta alla mafia, ripercorrendo la vita di questi siciliani lungo le strade che attraversiamo. E’ un volume prezioso.




mercoledì 2 agosto 2017

Ciao da Eleonora

I primi giorni che eravamo arrivati in Sicilia siamo andati al mare e dopo due giorni siamo andati sul'Etna e abbiamo fatto una camminata di sei ore.
Poi dopo la gita sull'Etna siamo andati a Catania a farci un breve giretto per mangiare un arancino e un cannolo. Dopo siamo andati a Siracusa a vedere il teatro greco e l'orecchio di Dionisio.
Poi siamo andati in un campegio a Marzanemi, li il mare non era facilmente ragiungibile allora il campeggio aveva una piscina e aveva  anche animazione per bambini,è stato molto divertente.
Dopo due notti li siamo andati marina di raqusa in un capeggio. Aspetta ti devo proprio raccontare cosa é successo a me e a mio fratello;: siamo andati a fare un giro in pedalò siamo arrivati al largo e vediamo che c'era una medusa grandissima vicino a mio papà allora prendiamo il retino e la catturiamo la mettiamo sul pedalò aspettiamo che mio papà  risalga sul pedalò e la  buttiamo 
di nuovo in acqua spostiamo  dal quel punto andiamo in un altro punto e ci tuffano a me mi era entrata un po' di acqua nella maschera allora sono salita in pedalò e ho toccato con una mano il retino dove c'era state la medusa e con l'altra dove abbiamo appoggiato il retino con la medusa e ho appoggiato li anche la testa dopo mi sono toccata con le mani gli occhi e mi ha fatto  tanto bruciore mio papà e mia mamma non sapevano come mai avevo tutto questo bruciore dopo succede lo stesso a mio fratello allora mio papà capisce subito che era una medusa allora siamo tornati a riva e ci hanno dato una cremina da mettere intorno agli occhi e però di andare subito in guiardia medica-ospedale però noi non avevamo la macchina allora ci hanno portato loro quelli della guardia medica ci hanno dato una pastiglia ci hanno messo la crema e ci hanno fatto i risciacqui con l'acqua calda. 
Ora stiamo andando verso agrigento.
Ciao ala prossima volta da Eleonora 

Mediterraneo

Da Marzamemi ci siamo portati a Noto - elegante, adornata dai palazzi settecenteschi del centro storico e dalle chiese barocche che, seppur maestose, sembrano fragili, fatte di sabbia - per poi dirigerci verso Ragusa Ibla. 
Tappa intermedia a Marina di Ragusa perfetta con il suo ampio lungomare per il jogging settimanale: ho corso in uno scenario indimenticabile tra le palme e il Mediterraneo. 
Marina di Ragusa è una piccola Riccione, affollata di turisti viziati da ogni comfort possano desiderare.
La gente in questa parte di Sicilia sembra più aperta, estroversa. Massimo, il gestore dell'area di sosta nella quale ci siamo sistemati, mi ha subito conquistato con la sua simpatia.
C'è molta differenza tra le aree di sosta e i campeggi: preferisco di gran lunga le prime non solo perché più economiche ma anche perché nei campeggi finisco per sentirmi prigioniero dei regolamenti, talvolta assurdi, imposti dalla Direzione, della maleducazione dei campisti (per dirla alla Quenau), spesso coalizzati in microcomunità, delle canzoni dell'estate propinate ininterrottamente (tranne che nella fascia oraria del silenzio, beninteso).
Un pezzo del mio cuore è rimasto a Ibla: è incantevole: avvicinandocisi in camper sembra di arrivare a Matera - la città vecchia, che si scorge dall'alto, nascosta alle spalle di quella nuova, è arrampicata sulla collina con le case addossate le une alle altre.
Addentrandosi nei vicoli, salendo e scendono gli scalini che li intersecano, si scopre una città viva, animata. Al tempo stesso passeggiare per Ibla è un viaggio nel tempo che riporta nella Sicilia di molti anni fa (qui sopravvivono, ad esempio, gli ottocenteschi circoli di conversazione). Mi ci sarei fermato volentieri più a lungo. Ma ci aspetta Agrigento: c'è ancora molta strada da fare.

P.S.

A Marina di Ragusa siamo incappati nella prima disavventura di questa vacanza: ne scriveranno Giacomo ed Eleonora...










domenica 30 luglio 2017

Sud

Siamo a Marzamemi, profondo sud, a pochi chilometri dalla punta più meridionale della Sicilia, alla latitudine del nord Africa. 
I centri urbani sono circondati da distese di campi ingialliti (di tanto in tanto inceneriti) intervallati, in questa zona, da teorie infinite di serre nelle quali si coltivano i pomodori. 
Il cielo è azzurro intenso, il mare blu, gli edifici antichi bianchi e ocra. 
La Sicilia è una terra di contrasti forti, nella quale più che altrove si intrecciano colori e culture.  
Siracusa conserva intatte le tracce del proprio passato glorioso: nel maestoso teatro greco di Neapolis, nel colonnato ionico del Duomo di Ortigia che testimonia la presenza dell’antico tempio greco… Si può immaginare l’effetto scenico che poteva avere la città per chi duemila anni fa arrivava dal mare.
Abbiamo passeggiato lungo i vicoli di Ortigia insieme a Beniamino, un collega siracusano di Veronica, che ci raccontava di come sia profondamente cambiata la città negli ultimi anni che oggi è, nella parte più antica, totalmente riconvertita al turismo di massa. In effetti Ortigia è un enorme ristorante diffuso: non c’è palazzo che non ospiti al piano terra una trattoria, un ristorante, un caffè (lo stesso può dirsi del centro storico di Marzemini). Fortunatamente questo è avvenuto con criterio senza snaturare la bellezza di quest’isola ricostruita in stile barocco dopo il terremoto del 1693.
Venerdì abbiamo fatto snorkeling nel Plemmirio - il siracusano è ricco di aree naturalistiche - in una caletta di scogli adiacente l’agriturismo nel quale ci siamo fermati. Giacomo ed Eleonora hanno dovuto vincere un po’ di diffidenza iniziale ma il coraggio è stato ripagato dallo spettacolo che si gode nel nuotare in mezzo a banchi di pesci di ogni tipo.
Ora ci aspetta il barocco di Noto e Ragusa Ibla. Poi, attraverso Agrigento, raggiungeremo la Sicilia occidentale.