Gli ultimi due giorni di Sicilia li trascorreremo a Milazzo in un agricampeggio a qualche centinaia di metri dalla spiaggia di ponente con vista sulle Eolie.
Accogliendo il suggerimento di Filippo, abbiamo deciso di rinunciare all’escursione in giornata alle isole - costosa e poco significativa per lo scarso tempo che è concesso - e di trascorrere comunque un paio di giorni sulla costa messinese che si affaccia sull’arcipelago, che ha spiagge ampie, incorniciate dagli ultimi pendii dei Nebrodi, affacciate sullo stesso mare cristallino.
Arrivandoci ieri dall’autostrada abbiamo assistito al meraviglioso tramonto su Vulcano e Lipari così questa sera ci faremo trovare pronti per la replica dello spettacolo portandoci sul lungomare prima di cena.
Sono giorni dedicati al mare e all’ozio: raggiungiamo la spiaggia in tarda mattinata, rientriamo per pranzo nel primo pomeriggio e poi ci rilassiamo - chi leggendo, chi guardando una serie su Netflix… (Veronica, i ragazzi e Snoopy nel camper climatizzato, io più ortodosso rispetto alle regole della vita en plen air fuori sulla sdraio).
Veronica - devo registrarlo - è già insofferente a questo tipo di vita a cui si adatta per amore verso di me e i ragazzi (ieri comunque le facevo notare che i giorni dedicati al mare sono sinora soltanto cinque, un terzo del totale).
Tra la truppa serpeggia un po’ di anticipata malinconia per questi giorni siciliani che volgono ormai al termine: la Sicilia è addictive, come dice Veronica - si tratterà di trovare il modo di coltivare questa dipendenza.
Immaginavo che dopo l’esperienza all’agriturismo di Valguarnera Caropepe sarebbe stato difficile adattarsi a un nuovo campeggio: non avremmo mai ritrovato la pace che si godeva da Filippo e Monica, occorreva essere preparati a questo.
La realtà è stata molto peggiore delle previsioni.
Abbiamo lasciato il Paparanza domenica mattina dopo aver fatto scorta di mandorle e olio. Sosta obbligata all’outlet più grande di Sicilia, proprio prima dello svincolo della Palermo-Catania e poi via, direzione Aci Trezza, un’altra tappa mancata nel 2017, con le suggestioni di Omero e dei Malavoglia.
Il catanese - l’ho già scritto - è un territorio che mi attrae anche per quella traccia del mio passato remoto che è in questa terra.
Aci Trezza, ahimè, è stata una delusione: mi è parso un paesino anonimo, votato e forse violentato al turismo balneare. Certo ci sono i faraglioni ma non è lo scenario più suggestivo che ricordi.
Ci trascorriamo poche ore in un pomeriggio afoso, rinfrancati da una eccellente granita, per dirigerci quindi a Calatabiano dove su internet abbiamo individuato un’area di sosta fronte mare.
L’errore è arrivarci la domenica pomeriggio quando l’area e il lungomare sono affollati dai turisti del fine settimana. Entrando nel piazzale ci troviamo difronte decine di camper affiancati uno all’altro, polvere, automobili, cumuli di immondizia.
La tentazione è fare retromarcia e fuggire non sappiamo nemmeno dove (sono certo che tutti pensiamo alla nostra piazzola a Valguarnera Caropepe); i gestori dell’area di sosta ci redarguiscono per non esserci fermati alla reception: gli spiego che non siamo sicuri di voler restare. Accettiamo comunque la proposta di attendere l’uscita della maggior parte dei camper presenti che in serata avrebbero lasciato l’area per scegliere poi la sistemazione che preferiamo. Nel frattempo ci portiamo in paese dove partecipiamo alla messa solenne (all’aperto) per la festività di San Giuseppe (?) patrono della frazione; c’è il sindaco, il comandante della polizia locale, il comitato festeggiamenti. La messa è animata dal coro più stonato che abbia mai sentito; c’è chi assiste alla celebrazione dal balcone di casa, chi dalle panchine del parco giochi adiacente… il sacerdote ringrazia l’amministrazione comunale per l’impegno profuso nei mesi di confinamento e ci invita a seguire l’esempio del padre putativo di Gesù.
Al rientro l’area di sosta effettivamente si è svuotata: resta un sito poco curato, senza piazzole delimitate, con servizi igienici fatiscenti ricavati in un container. Cerco faticosamente di recuperare il rapporto con i gestori che ora, devo riconoscere, si sforzano di dimostrarsi cortesi e collaborativi (forse perché, ipotizzo maliziosamente, preoccupati di una recensione negativa) senza di fatto riuscirci persistendo una reciproca diffidenza e antipatia.
Se non altro è un posto adatto per il jogging: all’alba vado a correre con Giacomo sul lungomare ancora pieno di immondizia, poi trascorriamo la mattinata in spiaggia. Mentre prepariamo la cena, cucinando spigole e orate alla brace, programmiamo la “fuga” il giorno successivo.
Martedì dopo colazione, sistemato il camper, ci dirigiamo alle gole dell’Alcantara un parco naturale nei pressi di Taormina. Si tratta di un canyon creato da colate di lava basaltica: la lava, raffreddatasi velocemente per la presenza del fiume, ha creato forme prismatiche pentagonali ed esagonali (i basati colonnari) che richiamano la struttura molecolare dei materiali che la costituiscono. È possibile risalire, accompagnati da guide fluviali, il fiume di acqua gelida che scorre ancora impetuoso tra le gole con ripide e cascate e poi ridiscendere a valle facendosi trasportare dalla corrente (body rafting). Ovviamente i ragazzi trovano entusiasmante l’idea, così, indossate mute da subacquei, giubbotti salvagente e caschi protettivi, ci cimentiamo in questa esperienza.
Quando è ormai troppo tardi - siamo all’interno delle gole, dentro il torrente, la guida sta spiegando quale posizione dovremo assumere quando ci tufferemo in acqua per farci trasportare dalle rapide - mi chiedo chi me l’abbia fatto fare: confido a Veronica la mia perplessità e condividiamo l’idea che preferiremmo essere seduti dietro a una scrivania ma tant’è.
Ne usciamo leggermente acciaccati ma felici per aver vinto la paura e condiviso questa nuova incredibile avventura.