domenica 29 agosto 2021

Pale che girano

Da un paese cartolina all’altro. 
Lasciata Giethoorn subito dopo colazione, ritorniamo a sud.
Ci dirigiamo verso Haarlem che, in base al mio programma, avremmo dovuto raggiungere giovedì in biciletta da Amsterdam. Veronica, per dirla tutta, si era dimostrata subito scettica, ritenendo l’escursione troppo impegnativa e non coerente con lo spirito di una vacanza tanto che con Eleonora stava progettando di andarci in treno (mentre Giacomo e io saremmo rimasti fedeli al progetto iniziale). 
Sennonché un imprevisto ci ha costretto a rivedere il programma: abbiamo trovato la bicicletta di Giacomo con la ruota a terra (sabotaggio?), perciò siamo stati costretti a cercare un negozio dove sostituire copertone e camera d’aria e mezza giornata se n’è andata così. Nel suo piccolo è stata anche questa un’avventura grazie alla quale siamo venuti a contatto con una simpatica signora afro-olandese che gestisce un negozio di cicli vicino alla Johan Cruijff Arena e poi con un bizzarro commesso di Decathlon che è riuscito a sostituire copertone (recuperandone non saprei dove uno usato quando ormai avevamo perso ogni speranza) e camera d’aria. Persone davvero empatiche, gentili – molto più degli standard ai quali siamo abituati – e comunicative.
Quindi, insomma, era rimasta questa lacuna rispetto programma che avevo accuratamente studiato e, anche se l’ideale sarebbe stato visitare Haarlem raggiungendola in bicicletta per poi magari proseguire fino al mare, rebus sic stantibus ci avremmo fatto tappa durante il tragitto dal nord verso L’Aja.
Abbiamo pranzato a Zaanse Schans, località nei pressi di Amsterdam (ci era stata consigliata dalla enologa che organizza la caccia al tesoro alla quale ci ha iscritti Eleonora) famosa per i mulini a vento. Tutto molto kitsch: un parco giochi per turisti con tanto di fattoria-museo sulla produzione del rinomato formaggio olandese che è possibile degustare e consigliabile acquistare. Poi le fotografie personalizzate con i mulini sullo sfondo che puoi stampare sotto forma di calendario o puzzle, il gelato e gli immancabili stroopwaffels da passeggio.
Altissima concentrazione di Italiani, addirittura più che nel quartiere a luci rosse di Amsterdam.
Ovviamente ce ne andiamo a gambe levate (non senza aver prima degustato il formaggio, sia chiaro).
Ad Haarlem troviamo parcheggio con difficoltà. La città è adorabile con gli eleganti quartieri di case in stile vittoriano che circondano il centro storico: se mi avessero catapultato qui, penserei di trovarmi in Inghilterra. La gente un po’ meno o, per meglio dire, percepiamo un po’ di insofferenza verso il camper tanto che dopo aver faticosamente trovato posteggio nei pressi di un supermercato un Harlemiano (suppongo si chiamino così) ci invita energicamente ad andarcene fuori città (sic) dicendo che lì non potevamo stare. Gli chiedo per quale ragione spiegandogli che avremmo soltanto sostato qualche ora, tempo di visitare il centro storico e fare un po’ di spesa e lui si rasserena rispondendomi che, se non avevamo intenzione di passare la notte lì, allora non c’era problema. Figuriamoci! Ci era chiara l’antifona già dal giorno prima quando un poliziotto alle 8,00 aveva iniziato a bussare alle porte del camper, parcheggiato nei pressi di un supermercato, urlando wake up! .
Ringrazio e saluto l’Harlemiano mandandolo a quel paese solo mentalmente.
Raggiungiamo il centro storico quando ormai tutto sta chiudendo – ancora non riusciamo a sintonizzarci sul fuso orario olandese: qui dopo le 18,00 puoi al massimo mangiare e (soprattutto) bere. Visitiamo frettolosamente la città e ritorniamo al camper: dobbiamo ancora trovare una sistemazione per la notte e alle 20,45 c’è la partita.
È nuvoloso e minaccia pioggia ma a rovinarci la serata sarà un difensore brasiliano.




sabato 28 agosto 2021

Giro di boa

Lasciamo Amsterdam dopo tre giorni intensi durante i quali l’abbiamo percorsa in lungo e in largo, in bicicletta, a piedi, in metropolitana, trascorrendo la maggior parte del tempo nei quartieri più noti del centro storico (De Pijp, Jordaan, Nieuwmarkt, Oud Zuid…), girovagando per i canali e i mercati, impegnati in una caccia al tesoro (alla quale ci ha iscritti Eleonora) o nella visita degli splendidi Rijiskmuseum e Van Gogh Museum. Certamente ci sarebbe ancora molto da vedere e scoprire e, come altre volte, resta il desiderio di vivere per qualche tempo la città, condividendo abitudini e stile di vita locali e scoprendola più in profondità.
Ma siamo al giro di boa: siamo partiti ormai da una settimana, ce ne resta una seconda davanti che, proiettata al rientro, è più malinconica della prima e affiora l’ansia per gli impegni che ci attendono al rientro.
Siamo a Giethoorn nel nord del Paese, località nota come “la Venezia del nord”: si tratta in effetti di un paesino caratteristico con case dal tetto di paglia e giardini curati costruite lungo canali. Suggestivo, forse un po’ troppo paese-cartolina per turisti (come potrebbe essere Alberobello per intenderci) che toglie autenticità al posto.
Ora ci dirigeremo nuovamente a sud: all’Aja e a Delft – dove rivedremo Tobi, il ragazzino che aveva ospitato Giacomo durante lo scambio culturale in terza media – e infine, ultima tappa in terra olandese, andremo a Rotterdam.








giovedì 26 agosto 2021

Nuova Amsterdam


Arriviamo ad Amsterdam dopo una breve tappa a Maastricht che, come mi era stato riferito, è una graziosa cittadina con il centro storico medievale, impreziosito da alcune chiese dei primi secoli dello scorso millennio, in cui passeggiamo piacevolmente.

Maastricht è anche la città in cui è stato siglato il Trattato sull’Unione Europea che ha disegnato l’Europa in cui viviamo e deve essere stata scelta non a caso visto che si trova al confine tra tre degli Stati fondatori dell’UE essendo vicinissima sia al Belgio che alla Germania (Giacomo ed io lo constatiamo durante la corsa mattutina quando, dopo pochi chilometri, un cartello ci segnala che stiamo superando il confine tra Olanda e Belgio).


L’arrivo al campeggio in cui abbiamo deciso di sostare riserva un’insolita sorpresa: stiamo facendo il check in (che qui è automatizzato: si fa con un computer all’ingresso) quando vediamo dirigersi verso di noi uno strano insetto – sembrerebbe – grosso, che, superata la sbarra di ingresso, si avvicina al camper.

Ci avviciniamo per osservarlo meglio e ci accorgiamo che incredibilmente si tratta di un granchio o forse di un gambero (o di uno scorpione?).

Ci sistemiamo in piazzola perplessi, un po’ più disorientati del solito.

Il camping comunque è bellissimo: ricavato in un parco cittadino, molto curato con piazzole intervallate da prato all’inglese e separate da siepi.


Ero stato ad Amsterdam una sola volta nel 1997 insieme a Luca per vedere la semifinale di Champions League tra Ajax e Juventus nella nuovissima Amsterdam Arena. Era stata una trasferta memorabile in auto attraverso l’Europa. Prima di Schengen, prima dell’Euro. 

Avevamo vent’anni, poco più. Della città avevamo visto ben poco, il pomeriggio prima della partita. 

Per me dunque è stato come venirci la prima volta e, devo dire, adoro questa città.

Amsterdam sembra New York e non è un caso visto che furono proprio gli Olandesi a fondare quella che originariamente si chiamava Nuova Amsterdam.

L’abbiamo percorsa in lungo e in largo raggiungendo il centro storico in bicicletta, come fanno gli Amsterdammers, servendoci delle piste ciclabili che ovunque costeggiano le strade (quando non le sostituiscono del tutto) e spesso i corsi d’acqua, presenza costante di questo paesaggio urbano.

Adoro i palazzi secenteschi come quelli più recenti affacciati lungo i canali nel centro. 

Ci sono quartieri in cui sembra di trovarsi a Brooklyn (se non fosse per le house boat) altri in cui potresti pensare di essere a Chelsea.

Ma questa è una città che mi ha conquistato già dalla periferia.

Sarà questo modello di sostenibilità ante litteram – ci si muove in bicicletta, perché è possibile farlo: la città è costruita per la mobilità su due ruote prima che per il traffico di automobili.

Sarà la multietnicità di questa città nella quale sono (sembrano) integrate persone di ogni razza e condizione.

Sarà l’architettura razionale e moderna dei sobborghi in cui coesistono costruzioni futuristiche con interessanti e innovative soluzioni di edilizia abitativa popolare.

Sarà, forse, anche il senso di libertà e quella felicità puerile che dà percorrerla in bicicletta, infilandosi in ogni angolo dell’abitato, anche quelli inaccessibili alle automobili. 

È una città anglofona, piena di giovani – tutti sono generalmente molto cordiali e sorridenti – tollerante: la sensazione è che qui chiunque possa essere ed esprimersi per quello che è, che sia un buon posto per progettare il futuro.









lunedì 23 agosto 2021

Carlo Magno Re di Francia

Carlo Magno re di Francia
ha tre pulci sulla pancia
Gratta gratta tutto il dì
ma le pulci restan lì

Aquisgrana è una graziosa cittadina al confine tra Germania, Belgio e Olanda abbastanza sui generis, mi è parso, rispetto alle altre città tedesche. Addirittura un po’ british già in periferia e poi nei quartieri residenziali con casette curate, intervallati da parchi di prati e querce…
Il centro storico medievale è affascinante, seppure in gran parte ricostruito dopo la seconda guerra mondiale.
Il pezzo forte è il Dom riccamente decorato nel quale sono custodite le spoglie di Carlo Magno e il suo trono.
Lì partecipiamo alla messa domenicale alla quale veniamo ammessi con qualche diffidenza dall’addetto incaricato di setacciare i turisti dai fedeli (compito che diventa ingrato quando le due caratteristiche si sommano).
Coerentemente, terminata la messa, un anziano sacerdote ci intima di uscire urlandomi nelle orecchie (forse solo per sovrastare il frastuono dell’organo) qualcosa di incomprensibile in tedesco. Con l’aiuto di Giacomo capisco che non intende permetterci di entrare nella Cappella Palatina: eravamo lì per la messa non per una visita turistica. E così sia.
Purtroppo non possiamo nemmeno visitare il matroneo aperto solo alle visite guidate che però per oggi non avevano più posti prenotabili.
Dopo pranzo ce ne torniamo perciò al camper per raggiungere Maastricht. Ci mettiamo poco più di mezz’ora  sistemandoci in un’area di sosta in riva alla Mosa.
È nuvoloso e minaccia pioggia. Ma a rovinarci la serata sarà un portiere polacco.




sabato 21 agosto 2021

Deja vu

Giornata stancante, interamente trascorsa alla guida. Prendiamo l'autostrada di buon’ora per raggiungere Aquisgrana che vorremmo visitare prima di addentrarci in Olanda.
Ci impieghiamo più del previsto per via dell’intenso traffico e di un incidente stradale che ci blocca per una buona mezz’ora.
Quando arriviamo dobbiamo ancora fare la spesa così raggiungiamo l’area di sosta che avevamo individuato verso le 20,00 ma purtroppo è al completo.
Rivediamo i piani: scartata l’idea di dirigerci verso l’area di sosta più vicina (25 km), ci mettiamo alla ricerca di un posto tranquillo dove passare la notte. Individuiamo in Google Maps, non distante da dove siamo, lo zoo cittadino ed eccoci qui in un deja vu di quanto accadutoci nel 2012 di ritorno dal Cammino di Santiago quando pernottammo una notte nel parcheggio dello zoo di Santillana del Mar con in sottofondo versi misteriosi provenienti dal recinto degli animali (vedi su questo blog il post del 17 agosto 2012).

venerdì 20 agosto 2021

München

La prima tappa di questo viaggio è a Monaco di Baviera dove decidiamo di fermarci per cena e pernottare.
Arriviamo alle 17,00. Ci sistemiamo in un tranquillo ed economico parcheggio (solo 1,50 euro per 24 ore) non distante dallo stadio del Bayern Monaco e a due passi dalla stazione della metropolitana e raggiungiamo il centro quando tutto ormai sta chiudendo.
Non sono mai stato a Monaco e sono curioso di vederla finalmente seppure soltanto di corsa, visto che non avremo il tempo di visitarla.
Siamo relativamente vicini a casa eppure, a pochi chilometri da Montebelluna, è già tutto molto diverso: colpisce ad esempio, prendendo la metropolitana, il silenzio nelle carrozze e nelle banchine nelle quali la gente aspetta l’arrivo dei treni. Parliamo sottovoce anche noi adattandoci istintivamente al costume del luogo.
Noto che tutti indossano mascherine ffp2, rigorosamente, coprendo naso e bocca. Mascherine impeccabili, sembrano tutte nuove e identiche (per lo più bianche).  Ma solo in metropolitana: all’aperto quasi nessuno ce l’ha.
A quanto pare è imposto l’uso di mascherine ffp2 visto che non ci permettono di entrare all’Ufficio Informazioni Turistiche perché le nostre sono quelle chirurgiche e all’ingresso un addetto ci dice (sbrigativamente, parlando solo in tedesco) che con quelle non possiamo entrare, che volendo possiamo acquistare quelle ffp2 nella farmacia lì accanto ma che dobbiamo sbrigarci perché alle 18,00 l’ufficio chiude.
Mi precipito in farmacia per acquistare le stesse mascherine che hanno tutti come d’altra parte avevo deciso di fare non appena sceso dalla metropolitana. La farmacista ci mette un po’ per accorgersi della mia presenza perciò quando ritorniamo all’Ufficio Informazioni Turistiche sono ormai le 18,01 e inesorabilmente la porta è chiusa e non riusciamo ad avere nemmeno la mappa della città.
Iniziamo male ma, a ben vedere, è nient’altro che un diverso modo di vivere con il quale ci stiamo confrontando. 
Ripenso anche a quanto accaduto poco prima mentre cercavamo di capire quale tipo di biglietto acquistare per spostarci in metropolitana: se fossimo stati a Roma, avremmo raccolto in poco tempo l’attenzione di qualche locale il quale si sarebbe prodigato nel consigliarci la soluzione migliore. Qui non è successo: i passanti si alternavano nella macchinetta affianco alla nostra senza minimamente interessarsi del nostro (animato) dibattere circa la differenza tra biglietto giornaliero e biglietto strisciato e la convenienza di una soluzione rispetto all’altra.
Ceniamo nella birreria più famosa della città conquistando a fatica uno degli ultimi tavoli liberi. È tutto molto chiassoso e tedesco: le cameriere prosperose che si aggirano per i tavoli brandendo enormi pritzel a forma di cuore, i loro colleghi trafelati, carichi di boccali di birra da un litro ciascuno… qua e là seduti ai tavoli signori attempati in abito tirolese.
Buona cena a base di prelibatezze locali e un piccolo incidente diplomatico alla fine quando il cameriere ci porta anziché gli strudel che avevamo ordinato un altro dolce: glielo facciamo notare, lui si inalbera dicendo che gli avevamo chiesto quello e non gli strudel (evidentemente ha capito male) e se ne va sbottando qualcosa sugli Italiani. Mi alzo e lo raggiungo chiedendogli spiegazioni, lamentandomi del fatto che non doveva permettersi uscite di quel genere e la cosa finisce lì con le sue scuse di circostanza. 
Siamo vicini e già molto lontani: questo piccolo incidente in un certo senso non ha fatto che rimarcarlo.
Affacciarsi fuori dall’uscio di casa, d’altra parte, significa mettersi in gioco e accettare anche situazioni di questo tipo.
Ma resta - lo scrivo dopo un anno e mezzo opprimente - un’esigenza imprescindibile.




mercoledì 18 agosto 2021

Re-open Europe

Un anno e mezzo dopo l'inizio della pandemia, diciotto mesi dopo quel 21 febbraio 2020 che ha cambiato per sempre le nostre vite segnandole indelebilmente siamo pronti a ripartire, a varcare nuovamente il confine con il desiderio di conoscere, scoprire, vivere nuovi orizzonti.
È stato difficile rompere gli indugi seppure le condizioni per farlo ci siano: siamo  tutti vaccinati ma programmare una trasferta all'estero è anche quest'anno più complicato del solito. Occorre documentarsi sulle norme vigenti nello Stato in cui ci si vuole recare, quelle per la riammissione in Italia, valutare le eventuali conseguenze di un contagio, contattare le strutture nelle quali si intende sostare per verificare anticipatamente, se possibile, la disponibilità di posti e le regole per accedervi...
Ma è più forte il desiderio di ritornare alla normalità, la necessità di riprendere la vita da dove si era interrotta.
Andiamo in Olanda che ha la suggestione di una nazione storicamente proiettata al nuovo mondo. 
E, a ben vedere, un nuovo mondo è quello che ci aspetta.